Il concetto di software libero discende naturalmente da quello di libertà di scambio di idee e di informazioni. Negli ambienti scientifici, quest'ultimo principio è tenuto in alta considerazione per la fecondità che ha dimostrato; ad esso infatti è generalmente attribuita molta parte dell'eccezionale ed imprevedibile crescita del sapere negli ultimi tre secoli.
La libertà di scambio di idee non è tuttavia una questione puramente pratica: essa è anche alla base dei concetti di libertà di pensiero e di espressione. Analogamente alle idee, il software è immateriale, e può essere riprodotto e trasmesso facilmente. In modo simile a quanto avviene per le idee, parte essenziale del processo che sostiene la crescita e l'evoluzione del software è la sua libera diffusione. Ed ogni giorno di più, come le idee, il software permea il tessuto sociale e lo influenza, produce effetti etici, economici, politici e in un senso più generale culturali.
Fu Richard M. Stallman, nei primi anni Ottanta, a formalizzare per la prima volta il concetto di software libero. La definizione di Stallman, che da subito assurse al ruolo di definizione per eccellenza di software libero, assume la forma di quattro principi di libertà:
Il software distribuito con una licenza che rispetti questi principi è
detto software libero
(in inglese free
software
). Nel 1984 Richard M. Stallman diede vita al
progetto GNU, con lo scopo di tradurre in pratica il concetto di
software libero, e creò la Free Software Foundation
per
dare supporto logistico, legale ed economico al progetto GNU.
Una licenza di copyright è un documento legale generalmente distribuito assieme a ogni programma. Essa, appoggiandosi alle norme sul diritto d'autore, specifica diritti e doveri di chi riceve tale programma.
Gran parte delle licenze comunemente usate sono proprietarie, cioè non libere, in quanto non garantiscono le quattro libertà. Quasi sempre tali licenze non consentono infatti la libera copia del programma, né la sua modifica. Spesso, se il programma è installato sul computer di casa, la licenza impedisce persino di installarlo sul proprio portatile (per utilizzare il programma fuori casa); se il programma è utilizzato in uno studio professionale, non consente di tenerlo installato su un computer di riserva, nel caso che quello principale si guasti.
La licenza del progetto GNU, la Licenza Pubblica Generica GNU (GNU GPL), al contrario, concede all'utente del programma tutte e quattro le libertà suddette. Inoltre si occupa anche di proteggerle: chi modifichi un programma protetto da GPL e lo distribuisca con tali modifiche, deve distribuirlo sotto licenza GPL. È grazie a questo tipo di protezione che la GPL è attualmente la licenza più usata per il software libero.
Con un gioco di parole, il nome dato a questo tipo di protezione è permesso d'autore (in inglese copyleft): è il criterio che prevede che le modifiche ad un programma possano essere distribuite solo con la stessa licenza del programma originale. Le licenze proprietarie usano le norme sul diritto d'autore (copyright in inglese) per togliere libertà agli utenti di un programma; il permesso d'autore usa le stesse norme per garantire quelle libertà e per proteggerle.
La GNU GPL non è unica nel suo genere. Diverse altre licenze garantiscono le quattro libertà e si possono pertanto qualificare come licenze per il software libero. Fra queste, merita una speciale menzione per la sua diffusione la licenza BSD, la cui principale differenza dalla GPL è che, non essendo basata sul permesso d'autore, non ha fra i propri obiettivi quello di proteggere la libertà del software cui è applicata. Chi infatti modifichi un programma protetto da BSD, può distribuirlo con le modifiche usando qualunque licenza.
Sia BSD che GPL hanno pro e contro. La licenza GPL riflette l'idea della cooperazione: se io concedo ad altri la libertà di modificare e redistribuire il mio programma, costoro sono tenuti a concedere le stesse libertà sulle loro modifiche. Il problema è che alcuni vedono questo vincolo come un'imposizione ingenerosa, se non addirittura una restrizione insopportabile. La licenza BSD riflette l'idea del dono liberale: chiunque può fare ciò che meglio crede del mio programma. Il problema è che questo significa che chiunque può redistribuire anche in forma chiusa con una licenza proprietaria un programma BSD modificato, impedendo così ai propri acquirenti di modificarlo e redistribuirlo a loro volta.
Nel 1998 Bruce Perens, Eric Raymond e altre personalità nel campo del
software libero si convinsero che i principi di libertà associati ad
esso fossero malvisti nel mondo degli affari, a causa della loro
carica ideologica. Decisero perciò di evitare accuratamente ogni
riferimento a considerazioni politiche o di principio, e di lanciare
una campagna di promozione del software libero che ne mettesse in luce
i numerosi vantaggi
pratici, come la facilità di adattamento, l'affidabilità, la
sicurezza, la conformità agli standard, l'indipendenza dai singoli
fornitori. A tal fine scrissero la Open Source
Definition
, il documento fondamentale del movimento open source.
Il movimento open source fu un successo, e contribuì a sdoganare il concetto di software libero in campo aziendale, dove era guardato con sospetto o condiscendenza. Un esempio di questo successo è l'atteggiamento dell'IBM, l'azienda che ha fatto di gran lunga i maggiori investimenti nel campo del software libero, la quale parla esclusivamente di open source, mai di software libero.
La voluta neutralità del movimento open source verso gli aspetti etici e politici del software libero è la caratteristica sostanziale che lo distingue dalla filosofia del software libero, che al contrario pone l'accento sulle motivazioni ideali. Parlare di software libero piuttosto che di open source è una questione politica piuttosto che pratica; i due movimenti concordano infatti sulle licenze considerate accettabili, ed hanno obiettivi e mezzi comuni.
La rilevanza economica del software libero è ancora molto ridotta, ma è in fortissima crescita ormai da alcuni anni, e tutto consente di supporre che tale crescita continui nel prossimo futuro, anche grazie ai vantaggi tecnici ed economici del software libero.
Ad oggi, il software libero è ampiamente diffuso in ambito accademico, industriale e fra gli appassionati di calcolatori, soprattutto grazie ai sistemi GNU/Linux. Questi sistemi liberi sono disponibili a costi molto bassi, ben inferiori a quelli di analoghi sistemi proprietari. Tuttavia, a causa delle loro caratteristiche, il loro uso richiede una buona cultura di base nel campo del software.
In ambito accademico viene molto apprezzata la possibilità di personalizzare ogni parte del sistema, visto che i programmi liberi sono liberamente modificabili (libertà numero uno). In ambito industriale, si apprezza l'affidabilità dei sistemi liberi, dovuta al fatto che quando un utente corregge un errore in un programma solitamente rende disponibile la correzione agli altri utenti (libertà numero tre). Gli appassionati di calcolatori apprezzano lo spirito di condivisione esistente fra gli utenti di software libero.
Ma le implicazioni dell'uso del software libero non sono soltanto tecniche ed economiche, perché il software da tempo ormai è avviato ad occupare un ruolo di primo piano nella nostra vita quotidiana, ed è destinato a cambiare in maniera profonda la società.
È per queste ragioni che la nostra libertà futura dipenderà anche dalla capacità di ognuno di noi di controllare il software. È per queste ragioni che ai tradizionali principi di libertà sessuale, di culto, di movimento, di espressione deve essere affiancata la libertà del software. È per queste ragioni che la nostra libertà futura dipenderà anche dall'uso di software libero.
scritto da Francesco Potortì per l'Associazione Software Libero
Copyright © 2002 Francesco Potortì
Ultima modifica: 2008-12-04. Versione
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