Strumenti di libertà:
formati aperti e software libero

Nell'ampio mondo delle libertà digitali, formati aperti e software libero non occupano un posto preminente se non agli occhi di chi, per mestiere o per passione, si occupa di computer. Eppure l'uso di formati di dati in forma elettronica e la presenza del software sono ormai pervasivi, seppur nascosti dietro le quinte.

In cinquant'anni i formati e il software hanno occupato uno spazio che si è espanso dapprima nel mondo accademico, quindi in quello tecnico e industriale, e finalmente in quello quotidiano del lavoro e del tempo libero di una fetta ormai maggioritaria della popolazione mondiale. Quasi ogni dispositivo elettrico oggi incorpora del software, e quasi ogni attività economica, creativa, ludica e in senso lato culturale utilizza strumenti software e produce dati e documenti in formato elettronico. La pervasività dell'uso di software per creare ed elaborare dati aziendali e opere culturali, la pervasività dei formati elettronici per conservare e diffondere questi dati è da cinquant'anni in crescita, e questa crescita non accenna a fermarsi per il prevedibile futuro.

È questa pervasività dei contenuti e dei metodi di elaborazione che fa parlare di mondo digitale, di ciberspazio, quasi un mondo parallelo a quello tangibile, ma che con esso interagisce ogni giorno più strettamente. Di questo mondo il software è il motore, e i formati sono i linguaggi. Il software libero e i formati aperti diventano sempre più strumentali ai diritti fondamentali di riservatezza, di pensiero, di espressione e di associazione. È per queste ragioni che la nostra libertà futura dipenderà anche dalla capacità di ognuno di noi di controllare il software e di comprendere i formati.

Formati aperti

I formati sono i linguaggi con cui i programmi parlano fra di loro: sono il modo in cui viene scritto un documento su disco, o il modo in cui questo viene trasmesso attraverso la rete. Se i formati sono standardizzati, è possibile scrivere liberamente un'applicazione (un programma software) che parli con gli altri, e tali applicazioni saranno disponibili sul mercato, o anche gratuitamente. Se al contrario ogni fornitore di software adopera il proprio formato, l'utente ha meno libertà, perché non può passare da un fornitore di software all'altro senza incorrere in spese di conversione dei propri dati, ammesso che la conversione sia possibile.

L'uso di formati non standard, proprietari, è una classica tecnica per fidelizzare forzatamente il cliente, ed emerge naturalmente nel mercato del software, come naturalmente emerge il monopolio in un mercato non regolamentato. Le autorità per la concorrenza dovrebbero occuparsi dell'uso dei formati, e in alcuni casi imporre l'uso di formati standard. L'uso di software libero allevia questo problema, perché i fornitori di software libero hanno generalmente scarso interesse ad usare formati non standard.

Le pubbliche amministrazioni, in particolare, dovrebbero usare esclusivamente formati standard nella comunicazione fra di loro e soprattutto con i cittadini e le aziende, sia quando forniscono che quando richiedono dati e documenti. L'uso di formati aperti da parte degli enti pubblici deve essere reso obbligatorio ed esclusivo.

Software libero

Il concetto di software libero discende naturalmente da quello di libertà di scambio di idee e di informazioni. Negli ambienti scientifici, quest'ultimo principio è tenuto in alta considerazione per la fecondità che ha dimostrato; ad esso infatti è generalmente attribuita molta parte dell'eccezionale ed imprevedibile crescita del sapere negli ultimi tre secoli.

La libertà di scambio di idee non è tuttavia una questione puramente pratica: essa è anche alla base dei concetti di libertà di pensiero e di espressione. Analogamente alle idee, il software è immateriale, e può essere riprodotto e trasmesso facilmente. In modo simile a quanto avviene per le idee, parte essenziale del processo che sostiene la crescita e l'evoluzione del software è la sua libera diffusione. Ed ogni giorno di più, come le idee, il software permea il tessuto sociale e lo influenza, produce effetti etici, economici, politici e in un senso più generale culturali.

Fu Richard M. Stallman, nei primi anni Ottanta, a formalizzare per la prima volta il concetto di software libero. Secondo la definizione di Stallman, che da subito assurse al ruolo di definizione per eccellenza di software libero, si chiama libero qualunque programma che possa liberamente essere utilizzato e modificato per qualunque scopo, e redistribuito in forma originale o modificata.

Il software distribuito con una licenza di copyright che rispetti questi principi è detto software libero (in inglese free software). Nel 1998 Bruce Perens, Eric Raymond e altre personalità nel campo del software libero si convinsero che i principi di libertà associati ad esso fossero malvisti nel mondo degli affari, a causa della loro carica ideologica. Decisero perciò di evitare accuratamente ogni riferimento a considerazioni politiche o di principio, e di lanciare una campagna di promozione del software libero che ne mettesse in luce i numerosi vantaggi pratici, come la facilità di adattamento, l'affidabilità, la sicurezza, la conformità agli standard, l'indipendenza da un singolo fornitore. A tal fine scrissero la Open Source Definition, il documento fondamentale del movimento open source.

La voluta neutralità del movimento open source verso gli aspetti etici e politici del software libero è la caratteristica sostanziale che lo distingue dalla filosofia del software libero, che al contrario pone l'accento sulle motivazioni ideali. Parlare di software libero piuttosto che di open source è una questione politica piuttosto che pratica; i due movimenti concordano infatti sulle licenze software considerate accettabili, ed hanno obiettivi e mezzi comuni.

Sfatiamo alcuni miti

Il software libero è gratuito
È falso: la libertà del software non ha nulla a che vedere con il suo prezzo. Benché gran parte del software libero più diffuso sia distribuito gratuitamente, ci sono programmatori che vivono della vendita e della manutenzione dei programmi liberi da loro creati.
Il software gratuito è libero
È falso. Molti programmi proprietari vengono distribuiti gratuitamente.
L'introduzione del software libero nella scuola e nella pubblica amministrazione, ma anche nei paesi poveri, ridurrebbe i costi relativi al software
Potrebbe essere vero, ma una seria valutazione dei costi non è banale e va fatta caso per caso. Qualunque tipo di software, se usato in ambito non domestico, ha dei costi di manutenzione che sono solitamente maggiori del suo prezzo di acquisto. I motivi per sostenere l'uso del software libero, specie in ambiti pubblici, riguardano anzitutto la libertà, non il prezzo.

Vantaggi del software libero

Da prodotto di nicchia, il software libero è divenuto ormai centrale nell'economia della maggioranza delle aziende che si occupano di software. È inoltre in crescita anche nel mondo produttivo in generale, benché abbia tuttora una quota di mercato molto ridotta fra gli utilizzatori finali. Questo successo economico che è sotto gli occhi di tutti smentisce clamorosamente tutte le accuse di idealismo fine a se stesso che fino a qualche anno fa erano il ritornello dei critici del software libero.

I vantaggi tecnici ed economici del software libero già menzionati (facilità di adattamento, affidabilità, sicurezza, conformità agli standard, indipendenza dai singoli fornitori) non sono tuttavia attribuibili ad ogni singolo programma: si tratta di caratteristiche che un ambiente ricco di software libero naturalmente favorisce. Sono cioè vantaggi di politica economica, che non toccano automaticamente la singola azienda, ma il sistema economico nel suo complesso. Dei vantaggi della diffusione di software libero si devono far portavoce le associazioni di aziende e, a livello più alto, le istituzioni economiche e politiche.

Software libero e ricerca

La scienza moderna è connaturata al libero scambio di informazioni.

Tutta la ricerca scientifica attuale conta su un libero ed efficiente flusso di informazioni, in tutte le forme possibili: congressi, riviste, siti web, seminari, tutte queste sono considerate attività essenziali per un moderno ambiente di ricerca. Esse rendono possibili scambi fruttuosi di idee, favoriscono l'apertura mentale dei ricercatori, contribuiscono in maniera significativa alla nascita di nuovi concetti e costituiscono le fondamenta del processo di crescita incrementale dei risultati. Queste attività creano inoltre una rete di controllo reciproco che rende l'avanzamento della conoscenza eccezionalmente affidabile e tuttavia efficiente, quando confrontato con altri processi di grande complessità creati dalla civilizzazione umana.

Questa e molte altre delle caratteristiche della moderna ricerca scientifica trovano un analogo fra le caratteristiche del software libero; e in effetti la ricerca trae vantaggio dalla diffusione della conoscenza come ne trae il software. I prodotti della ricerca devono essere diffusi e accessibili, e una sana politica della ricerca deve incoraggiare i ricercatori e le istituzioni di ricerca ad usare licenze libere per il software che producono.

Brevetti software

I brevetti software sono un pericolo per l'intera industria del software, a causa della loro bassa qualità, della loro genericità, del basso costo necessario per produrne uno, e degli altissimi costi di porterne contestare la validità in giudizio. Indipendentemente dagli intenti del legislatore e dalle finalità degli accordi internazionali, la situazione attuale dei programmatori e delle aziende nei riguardi dei brevetti assomiglia a quella di una mandria di mucche che pascola su un campo minato: ogni tanto, inconsapevolmente, una mucca calpesta una mina — un programmatore viola un brevetto.

Basterebbe questo per desiderare una drastica riduzione dell'uso dei brevetti software. E in effetti ci sono ottime ragioni industriali ed economiche per opporsi all'introduzione dei brevetti software in Europa, dove attualmente la situazione è migliore di quanto sia negli Stati Uniti, Giappone ed Australia. In Europa, infatti, i brevetti software concessi dall'Ufficio Europeo dei Brevetti europei sono giuridicamente deboli, visto che vanno contro la lettera della Convenzione Europea sui Brevetti, che li vieta.

A queste considerazioni generali se ne possono aggiungere altre: i brevetti software vengono sempre più spesso usati per impedire l'interoperabilità fra programmi, blindando i formati di comunicazione. Essi hanno il potenziale di limitare l'espressione intellettuale, e come se non bastasse sono una spada di Damocle sul software libero. Diciamo no all'introduzione dei brevetti software in Europa.


Copyright © 2009 Francesco Potortì

La copia letterale e integrale e la distribuzione sono permesse con qualsiasi mezzo, a condizione che questa nota sia riprodotta.